sabato 28 gennaio 2012

Un rimedio per la crisi? Ascoltare Gesù. Cartolina per la crisi.




Avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri. Non è Rockefeller che parla di finanza ma è Gesù. Così si conclude la parabola dei talenti, con un rimprovero al pigro che non ha fatto fruttare il denaro. In un'altra circostanza Gesù racconta di un amministratore che fa degli sconti illegali per ottenere benefici: il padrone del patrimonio lo viene a sapere e loda non certo l’onestà ma l’astuzia dell’uomo.
In un altro contesto Gesù dice che non si possono servire due padroni, Dio e Mammona (la divinità della sicurezza materiale e del guadagno a tutti i costi). Poi racconta di un tale che aveva accumulato molto nei suoi granai e decide di mangiare e dormire senza preoccuparsi d’altro, ma Dio gli chiede la vita quella notte stessa.
Il rapporto del cristiano col denaro è chiaro: il denaro è uno strumento che va utilizzato bene e per il bene. Se diventa un fine è un tradimento nei confronti di Dio che non comporta benefici, perché la vita è breve e non serve accumulare.
Un insegnamento di grande attualità: un monito per gli speculatori che vivono d’angoscia, seminano l’angoscia e moriranno nell’angoscia; un incoraggiamento per l’intraprendenza e un invito a superare l’inerzia di chi pensa che non c’è nulla da fare. Invece sveglia! Occorre far fruttare i talenti, sia quelli in denaro che quelli dell’intelligenza e della fantasia. E’ sorprendente: il Vangelo ci aiuta a vivere anche la situazione critica che stiamo vivendo.  Dobbiamo reagire, gli uomini di fede devono darsi da fare.




lunedì 23 gennaio 2012

De Maria numquam satis. La Madonna principio di ogni conversione.




De Maria numquam satis dicono i teologi, il che significa che con la Madonna non si può esagerare nel ricorrere a lei e nel tesserne le lodi. Ho letto una giusta osservazione del mariologo francese René Laurentin sul costante aumento della devozione mariana rispetto ai primi secoli del cristianesimo quando occorreva diffondere la notizia della risurrezione di Cristo. Era logico che in quel periodo ci si concentrasse su Gesù perché occorreva far comprendere la straordinaria novità del Dio che si fa uomo, muore per noi e risorge. Col passar del tempo il desiderio di conoscere Gesù porta sempre di più a riconoscere Maria come colei che può farci incontrare suo figlio. Ecco che Maria, viene meglio riconosciuta per quello che è: la strada per trovarlo, conoscerlo e amarlo. Principio primo di ogni conversione.
Sono rimasto colpito dell’immediatezza con cui Leonardo Mondadori rispose a chi gli chiedeva come avesse fatto a convertirsi dalla sua condotta di tombeur de femmes. “Sono ricorso alla Madonna – rispose immediatamente - ed è grazie a lei che ora vivo la castità”. Leonardo, allora presidente dell’editrice Mondadori, non faceva misteri sulla sua fede ritrovata e la testimoniava apertamente. Non solo per la castità ma per ogni momento della nostra attività la Madonna è consigliera e ausiliatrice. Siamo ancora all’inizio del nuovo anno e mi propongo di “foderare” ogni cosa che faccio con la devozione a Maria, garanzia per non andare fuori strada e filare dritti in Paradiso.



lunedì 16 gennaio 2012

Il volto di Cristo ci viene incontro. Grazie ad Antonello da Messina. Zio Paperone? No grazie.


 Sui giornali si scrive di uno spettacolo che si svolge davanti ad un enorme ritratto di Gesù che viene bersagliato e sfigurato. C’è chi protesta e c’è chi dice che non è il caso, ma sembra che quel volto, oltraggiato o meno, ci venga incontro perché ne abbiamo bisogno. Stiamo attraversando un periodo di povertà materiale: le banche non prestano soldi, il prezzo della benzina aumenta, le notizie diffuse dai media creano un clima di sfiducia. Il mondo sembra in mano a pochi oligarchi, che dopo aver provocato per ingordigia una crisi finanziaria, ora speculano sull’Europa e sull’Italia per arricchirsi a spese della povera gente. Il Papa ricorda che all’origine della crisi economica c’è una crisi spirituale e ha ragione: la nostra povertà spirituale sta diventando così grande da non avvertire più la mancanza di Dio come una mancanza. Viviamo come animali raffinati e quindi sempre più animali. Soli in questo mondo, senza un Padre, ci sentiamo legittimati a fare qualsiasi cosa. Chi si arricchisce usando altri uomini non si sente in colpa.


Il volto di Cristo ritorna ancora una volta ad essere oltraggiato ma chi sta soffrendo è l’uomo. “Cercate il regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù” dice Gesù (Mt 6, 33). La bella immagine di Antonello da Messina che campeggia in quel teatro mi viene incontro e mi invita a guardarla con fede e speranza e ad aiutare gli altri a fare altrettanto. E allora l’Europa ritornerà se stessa e supereremo la crisi spirituale ed economica.




domenica 15 gennaio 2012

Perché mi piace lo stile di Renzo Arbore. Un contributo per un libro.




Renzo Arbore è un signore. Sembrerebbe un’affermazione generica: si potrebbe dire che è un regista, jazzista, presentatore, clarinettista, doppiatore di dromedari, cantante, direttore d’orchestra e così via. Ma la sua caratteristica fondamentale è di essere un signore. Chi è un “signore”? “Signori si nasce” dice il barone Ottone Spinelli degli Ulivi, detto Zazà, interpretato da Totò nell’omonimo film. Ebbene sembra proprio che Renzo “signore lo nacque”. Tratta gli altri col massimo rispetto, sa ascoltare quando un altro parla, se lo chiami al telefono e non lo trovi ti richiama poco dopo. Valorizza i talenti altrui, non è invadente, ha l’umorismo partenopeo (perfettamente adottato) di chi vede nelle situazioni il lato comico, non si considera una persona importante. E può bastare anche se potrei continuare.
Sono stato il direttore dell’Ufficio Informazioni dell’Opus Dei per quarant’anni e per Renzo ho fatto l’unica eccezione ad una regola rigorosa: chi ha quell’incarico non può esprimere pubblicamente nessun parere su questioni professionali, politiche, artistiche di qualunque specie, per il semplice motivo che i fedeli dell’Opus Dei sono liberi di pensarla come vogliono e sono uniti solo nei contenuti di fede cattolica: non hanno un rappresentante per ciò che riguarda quei temi. Per quarant’anni mi sono attenuto a questa condotta, ma è venuto un giorno del 2010 in cui Renzo mi ha invitato alla presentazione alla stampa dell’edizione in DVD del “Pap’occhio”. Sono andato e, quando già i giornalisti stavano chiudendo i loro taccuini, Renzo mi ha chiesto se volevo dire qualcosa. Allora ho fatto “l’eccezione”. Ho detto che stimavo Renzo Arbore e il suo modo di fare spettacolo, il suo stile familiare che coinvolge il pubblico facendolo sentire a casa sua, come in una festa di famiglia, senza mai essere volgare. Ho detto che quel film proponeva un’immagine del  Papa simpatica, sportiva e interessata ai giovani; che il monologo di Benigni era “apostolico” perché parlava del giudizio universale e distingueva il cristianesimo dal marxismo; che il film meritava la prima serata su RaiUno perché era sereno, positivo e divertente. Il giorno dopo una trentina di giornali annunciava che “l’Opus Dei aveva sdoganato il Pap’occhio” e a tutt’oggi wikipedia cita quest’intervento nella voce relativa al film.
Non sono pentito di aver fatto uno strappo alla regola perché penso davvero che lo stile di Arbore sia uno stile cristiano. Lui dice di sé che è “cattolico, apostolico, foggiano”, ma non mi riferisco all’aspetto confessionale. Penso che l’Italia abbia dato al mondo degli artisti che sono cristiani perché umani (i cristiani hanno un Dio che è umano. L’allegria, la musica sono anticipi del Paradiso). Umani, ironici e autoironici: chi sa ridere di se stesso è una persona che non si prende sul serio, che ha il senso del limite e non é fanatico. Uomini che non si nascondono dietro paraventi professionali o di maniera, ma mostrano se stessi così come sono. Basti pensare a Guareschi che ha fatto ridere l’Italia del dopoguerra dilaniata dalle fazioni politiche; a Flaiano, Fellini, Saba, Totò e soprattutto Carosone, grande ispiratore di Renzo Arbore.
Una volta ho presentato in televisione un mio libro sul Paradiso. Il giorno dopo mi ha telefonato Arbore che voleva il titolo esatto del libro per comprarlo. E’ da notare che non voleva averlo in omaggio perché “i libri vanno comprati”. Avevo detto in trasmissione che in Paradiso staremo come “a casa”, come quando torno in Calabria nella casa di mio nonno, vedo i vecchi mobili e dico: “che bello sono a casa! sto fra le persone che mi vogliono bene e a cui voglio bene”. Questo concetto gli era piaciuto. Perché Arbore è fatto così: con lui “si sta a casa”.


martedì 10 gennaio 2012

C'è fretta e fretta




Nel Vangelo ci sono alcune scene in cui i personaggi vanno di fretta: i pastori si affrettano per andare a vedere il Bambino, Maria si affretta per andare a trovare la cugina Elisabetta ormai al sesto mese, Pietro e Giovanni addirittura corrono per andare a vedere il sepolcro di Gesù ormai vuoto. Queste sono le frette sante.
Poi ci sono le nostre frette: “sto scappando” si dice abitualmente per dire che ho fretta. Sì, ma scappando da dove e per dove? E’ a queste frette che Gesù si riferisce quando dice “Non state in ansia… non preoccupatevi” (Luca 12, 22 e 29). Ci sono frette e frette. La vera urgenza c’è per le cose di Dio, quelle che danno il senso della vita e aprono l’orizzonte del rapporto familiare con Gesù, con Maria, per i nostri amici del Cielo e della terra. La sorella di Lazzaro Maria sente l’importanza di non perdersi una parola di Gesù e sa stare immobile ad ascoltare, a differenza di Marta che vive una fretta inutile e si sente dire: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Luca 10,41).
Abbiamo da poco lasciato il Natale e ci avviamo verso un anno nuovo. Quale fretta abbiamo? Quella buona o quella inutile? Cerchiamo sicurezze, soddisfazioni, traguardi evanescenti? Mi aiuta pensare al mattino che il giorno che ho davanti è un’occasione per fare ciò che Dio vuole, un’opportunità per amare. Non è vero che “il cielo può attendere”. Le mie cosette possono attendere.