sabato 28 luglio 2012

un libro proprio bello per l'estate: divertente ed efficace




 Tempi le ha già fatto un’intervista (3 febbraio) ma vale la pena tornare a parlare di Costanza Miriano e del suo libro “Sposati e sii sottomessa” per il semplice motivo che è un libro imperdibile e che l’estate è il momento buono per leggerlo. L’autrice è spiritosa ma il suo umorismo ha radici profonde: si alimenta di un autentico rapporto con Dio, che è il solo capace di dare vera allegria. Perciò dire che questo è un libro divertente è una verità, ma è una verità parziale. Nella sostanza è un libro controcorrente e tostissimo: mena fendenti come el Cid Campeador, come Aiace Telamonio, come il Mazinga degli anni ’70. Le tesi proposte sono quelle, ben conosciute, della dottrina della Chiesa sulla donna, sulla vita, il matrimonio, l’educazione, ma l’autrice non procede per princìpi primi, procede dalla propria esperienza personale: è questa, la propria esperienza, a convincere lei, e il lettore, che la felicità si ottiene vivendo in modo giusto.
A proposito delle donne Costanza dice: “Noi dobbiamo dare, difendere, appoggiare, sostenere la vita. Mi sembra invece che le donne della mia generazione che, per la prima volta nella storia, possono chiedersi se accettare o no questo ruolo, gli dicano di no con troppa fretta e leggerezza. Magari semplicemente perché è possibile dire di no. Salvo poi accorgersi quando è troppo tardi che forse non era quella la risposta che volevano dare. Salvo poi accorgersi che la donna si ritrova dandosi. Salvo poi accorgersi che quando c’è qualcuno da proteggere, una trova le forze per rimettersi in piedi da qualsiasi situazione personale, anche disastrosa. E’ una forza potente l’istinto materno…”
Sull’amore dà un consiglio definitivo a una sua amica traballante: “ Vivere tutti gli amori non t’insegnerà sull’amore quanto viverne uno solo in profondità”.
Alle amiche femministe fa considerare “la nuova schiavitù in donne che credono di essere liberate e invece forse hanno sbagliato mira. “Verso tuo marito sarà il tuo istinto ma egli ti dominerà” dice la Genesi. Qui è nascosta una scintilla, una via per la felicità. Già qui, su questa terra. E quindi la donna obbedisce perché sa ascoltare, non perché si deprezza.”
“L’indissolubilità del matrimonio ti chiude tutte le strade ma ti apre un’autostrada. Cominci a sforzarti di amare anche i difetti, non li rinfacci, ma li accogli. Non ti poni più il problema se la situazione ti vada o no, ma come farla funzionare, visto che deve andare, a tutti i costi. Allora cominci a vivere l’ordinario (compresi rotture di scatole, atteggiamenti che ti fanno venire i nervi, contrasti, noia) con amore, trasfigurandolo. E quando cominci a donarti, ti viene da pensare che è così bello vivere così, che quasi ti chiedi dov’è la fregatura. Non c’è”.
E a proposito della cosiddetta liberazione sessuale: “Io tutta questa felicità, in chi finalmente si è liberato, non la vedo proprio per niente… Credendo di emanciparci ci siamo svendute per un piatto di lenticchie: abbiamo  adottato il modo maschile di concepire la sessualità. Eravamo le custodi della vita, non lo siamo più… in cambio della libertà ottenuta, le prime a soffrire siamo noi. Ne soffriamo noi e ne soffre tutto il mondo, perché se non lo facciamo noi, chi custodirà l’amore per la vita?”
E, a proposito dell’aborto, dice all’amica in dubbio: “C’è una persona molto piccola, che ha bisogno che tu diventi un po’ più grande, un po’ più forte e che la difenda. Che vuoi fare?”
E a chi teme di perdere la propria autonomia suggerisce: “ Non decidi più quando dormire, mangiare, fare la doccia. Non decidi più quando essere di cattivo umore e quando trascorrere una giornata svaccata e inconcludente. Non decidi quando leggere e quando telefonare. Eppure ho visto tante donne inquiete che in questa perdita di sé hanno trovato la pace. Non povere frustrate, con vite vuote e deprimenti che finalmente hanno trovato un perché, ma anche ingegneri, medici, avvocati, magistrati, docenti universitarie. Donne già realizzate e felici che a un certo punto, al bivio, passano dall’altra parte e cominciano a servire. Rinunciano ad essere brave in tutto, rinunciano ad avere mani in ordine e scarpe intonate alla borsa, pelli lisce e conversazioni aggiornate, e cominciano ad occuparsi di qualcun altro. Non perché non amino più le scarpe abbinate e la manicure, ma perché amano ancora di più la felicità di qualcun altro.”
E di fronte all’emergenza educativa… “Non si sa perché si educa. A cosa si educa, se neanche i genitori sanno perché vivono e dove vanno? Se si toglie il timor di Dio, come si fa ad educare? Se si toglie l’idea del peccato originale e del bisogno di salvarsi, che cosa vuol dire educare? Se togli inferno e paradiso – considerati ridicola roba da donnicciuole da tutti gli intellettuali, a parte Camillo Langone – perché dovresti conquistarti l’eternità?”
E’ forte Costanza e inietta una buona dose di ferro nell’animo del lettore. Se la vedi in tv, o in qualche presentazione del libro, sembra quasi timida e con un’overdose di autoironia. Ma non bisogna lasciarsi ingannare. Costanza è una dei personaggi forti di cui abbiamo bisogno oggi. Con il suo umorismo t’introduce ad uno stile di vita che è nientedimeno lo stile dei santi di oggi come Dio li vuole: persone che si nutrono dell’Eucarestia e del Vangelo e poi vivono la vita ordinaria con un amore straordinario. Non li noti subito ma la loro vita riscalda la tua: ti aprono una strada in un mondo che non ti capisce e che spesso ti è ostile. Per questo Costanza è importante: abbiamo bisogno di cristiani così per capire qual’è la strada, e per liberarci dalla coltre di sciocchezze con cui la cultura dominante vuole soffocarci.



domenica 22 luglio 2012

E' l'estate il momento per essere più santi


“Con le pinne, il fucile e gli occhiali, mentre il mare è una tavola blu…” recitava una canzone degli anni 60: direi che ci sta bene un tuffo al mare o una scarpinata in montagna dopo un anno di tensione. Per un cristiano c’è qualcosa di più. L’estate è il momento in cui si può approfondire. Certamente qualcuno dirà che gli impegni aumentano perché le esigenze della famiglia si moltiplicano e alla fine si dirà: ”aiutatemi!” come quel tale della pubblicità; ma un po’ di verità c’è nel significato del termine “vacanza”: essere libero da incombenze e compiti. Un cristiano sa che porta dentro di sé un Gesù. Può sembrare scioccante dirlo in questo modo, ma è quanto afferma san Paolo quando dice: “non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (GaI. 2,20). E’ vero che  porto dentro di me un Gesù che aspetta degli artisti (la grazia di Dio e la mia volontà) che tirino fuori la Sua immagine a mo’ di bravi scalpellini, come Michelangelo estraeva i capolavori dal marmo. L’estate è il momento buono perché la creatura si metta davanti al Creatore e lo contempli, è il momento di leggere le Confessioni di Sant’Agostino (a diciotto anni le lessi e rimasi fulminato) o un altro libro che apra gli orizzonti. E’ il momento di trasmettere la fede con naturalezza: sotto l’ombrellone ricordo i discorsi più belli sul senso della vita. E’ il momento in cui gli amici aprono volentieri il loro cuore e si può parlare con semplicità. Posso confessarmi meglio. L’estate può essere il momento di Gesù.

giovedì 12 luglio 2012

L'emergenza educativa

 
Si parla molto dell’emergenza educativa e ben a ragione perché è evidente che di educazione ce n’è poca. Ma per risolvere il problema occorre andare fino in fondo: formare una persona non vuol dire manipolarla, significa far venir fuori la sua forma vera, il suo modo proprio di essere  uomo. Il modello è Gesù. Può sembrare un’esagerazione ma tutto ciò che è umano è impastato di Dio, e il vertice sta nell”impasto” primo di Dio, che è il Figlio.  I santi sono altri Gesù, a modo loro. I santi sono formatori perché aprono una strada per avvicinarsi a Gesù. Come diceva il cardinal Ratzinger, i santi rivelano aspetti del volto di Dio: ad esempio la Madonna svela il Suo volto materno. Questo è il cuore del tema dell’emergenza educativa. La civiltà occidentale è nata da Gesù, assorbendo la tradizione greca, romana e giudaica, come ricorda il Papa. I santi sorprendono i contemporanei perché Gesù ha il posto centrale nella loro azione e nei loro discorsi, mentre gli altri divagano. La vera radice dell’educazione è il rapporto vivo con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Su questo tronco tutto il resto si innesta. E’ quanto c’insegnano i veri maestri come Padre Pio, Madre Teresa, San Josemaría, Carol Wojtyla, don Giussani, Chiara Lubich e altri grandi contemporanei: è a loro che dobbiamo guardare. Con loro, la professionalità, la politica, l’amore, l’amicizia, l’arte, il divertimento acquistano il significato completo. La vita diventa vocazione. Il Paradiso si avvicina. La civiltà fiorisce.



venerdì 6 luglio 2012

Su Tempi un articolo sul Campus Bio-Medico



Caro Professore, quando mia moglie, meravigliosa, mi convinse a farmi visitare al suo Campus Bio-Medico, lei , visitandomi accuratamente, constatò quanto fossi scettico e affermò: “senta, io la voglio curare, se lei non vuole” – stringendomi la mano, quasi abbracciandomi – “faccia come crede, ma io la voglio curare”…”sono rimasto stupito, in particolare, dalla cordialità, l’educazione, l’affabilità e l’affetto con cui sono stato accolto”… La lettera continua con questo tono e conclude: “mi hanno trattato come se fossi un loro parente”.
La testimonianza di questo paziente è una fra le tante che arrivano al Policlinico del Campus Bio-Medico e corrisponde allo spirito delle indicazioni che il successore di San Josemaría Escrivá, monsignor Alvaro del Portillo, dette nel 1988 al professor Paolo Arullani in vista della nuova iniziativa di tipo medico in fase di progetto. Su quello storico appunto, scritto velocemente e che Arullani conserva, si legge: “Clinica con caratteristiche universitarie a Roma. Malati trattati come persone”. E poi: “Innanzitutto le infermiere, perché sono loro che seguono gli ammalati e dànno il tono”.


Paolo Arullani, attualmente presidente dell’Università, cominciò a darsi da fare, assieme a tante persone che sono le “fondamenta” viventi del Campus. Tante ore di lavoro sacrificato e silenzioso hanno contribuito a creare una struttura che si presenta bene, in modo direi gioioso, e che si avvia a celebrare i vent’anni di attività nel 2013. Vent’anni per un’istituzione sono pochi ma già sono pieni di storie. Una di queste riguarda Alberto Sordi che, dissolvendo il mito di tirchieria che lo circondava, donò 8 ettari di terreno per costruire il Centro Anziani adiacente al Campus. (Vedi foto: Alberto Sordi mentre pone la prima pietra del Centro Anziani nel 1998).


Ma cominciamo dai risultati. Dal ’93 ad oggi si sono laureati in corso il 90% degli studenti (una percentuale da record): laureati, occorre precisare, che hanno trovato immediatamente occupazione. Il rapporto studenti-docenti è di 12/1 e in più va aggiunto un servizio di tutorato per ogni studente. Per quanto riguarda l’assistenza medica l’indice di soddisfazione dei pazienti curati al policlinico è altissimo e, per effetto del passaparola, a Roma sono in tanti che vogliono essere curati al Campus che offre un servizio convenzionato. La ricerca scientifica spazia in diversi campi e un particolare vantaggio è dato dalla stretta vicinanza della facoltà di medicina con quella d’ingegneria biomedica, presente nel Campus. A questo proposito, si è appena concluso un convegno internazionale organizzato dall’Università Campus Bio-Medico sulla biorobotica. I maggiori esperti di questa materia di tutto il mondo si sono incontrati a Roma dal 25 al 27 giugno, per discutere i più recenti risultati e i programmi di ricerca che coinvolgono università e industria nei settori applicati della robotica in medicina e biologia. E’ il più importante appuntamento mondiale del settore, organizzato ogni due anni dalla maggiore associazione professionale per l’avanzamento in tecnologia. Sono intervenuti oltre 500 partecipanti, provenienti da 49 Paesi.  Nell'ambito della Conferenza si è tenuto anche il Simposio Internazionale di Chirurgia Robotica che è una specialità d’eccellenza del Campus Bio-Medico.
La chirurgia robotica non deve far pensare ad un robot che opera, il che sarebbe preoccupante. Si tratta di un complesso macchinario grazie al quale il chirurgo opera, attraverso uno schermo ingranditore, con tre braccia che consentono interventi di precisione mininvasivi. Ad esempio, operazioni che prima richiedevano il cuore aperto adesso si effettuano con un’invasività minima. Con lo stesso metodo s’interviene sia sulla prostata che in ginecologia e in altri settori. (vedi foto: Una visione d’insieme del robot chirurgico “Da Vinci”)


Fra le meraviglie robotiche presentate al convegno ci sono le capsule, dotate di sensori e telecamera, che sono guidate da campi magnetici all’interno dell’organismo umano, sostituendo così le fastidiose tecniche di endoscopia: è un esempio di “soft robotica” sviluppata nei laboratori dell'MIT di Boston. Il Campus ha presentato il proprio modello di “esoscheletro”: un macchinario ultraleggero che consente la deambulazione a soggetti anziani con impedimenti o addirittura paraplegici. L’idea dell’esoscheletro nasce per applicazioni militari negli anni ‘60 per sostenere i soldati impegnati in lunghe marce e portatori di materiali pesanti. Ben presto si è passati all’uso per la medicina. Il modello studiato al Campus si chiama Evryon: un progetto da quattro milioni di euro e tre anni di lavoro, che ha portato gli ingegneri del Campus, in collaborazione con altri sei atenei europei, distribuiti in Italia, Olanda, Svizzera, Ungheria e Slovenia, alla realizzazione di un nuovo prototipo. (vedi foto: I ricercatori del Campus Bio-Medico hanno puntato a rendere efficace, sicura e il più naturale possibile lʼinterazione della macchina con lʼuomo).


 Spiega Dino Accoto, Manager del progetto presso il Laboratorio di Robotica coordinato dal Prof. Eugenio Guglielmelli : “Un esoscheletro per persone con difficoltà di deambulazione, ma pur sempre in grado di muoversi deve assecondare il passo, anziché imporlo. Per usare una metafora, volevamo un sistema che imitasse un papà che spinge il figlio sullʼaltalena: non corre avanti e indietro aggrappato al seggiolino, ma si limita a dare piccole spinte, perfettamente coordinate con lʼoscillazione del bambino”. Tra i dettagli nascosti nella tecnologia, si distinguono speciali elementi elastici, collegati ai motori elettrici che muovono lʼesoscheletro. Queste “molle” apparentemente insignificanti sono indispensabili al robot per assecondare il movimento della persona in modo intelligente. “Gli anziani – spiega Accoto – compiono di solito passi corti e con frequenza maggiore del normale. È per questo che si stancano. Lʼesoscheletro li aiuta a compiere passi più lunghi e meno frequenti, riducendo così lʼaffaticamento dei muscoli”. Modelli di altri esoscheletri sono stati presentati da altri centri italiani  come il Niguarda di Milano e gli ospedali di Budrio e di Lecco.
Un altro progetto suggestivo che è in corso al Campus è la messa a punto di una mano robotica da impiantare in soggetti che hanno perso un braccio. Il progetto è ricco di spunti tecnici e scientifici inediti ed è approdato nel 2009 ad un traguardo significativo: il paziente, che si è prestato all’esperimento dell’innesto di speciali elettrodi ai nervi del braccio, è riuscito a muovere la mano bionica mediante impulsi dettati dal cervello. Nel congresso appena concluso sono stati presentati dei nuovi elettrodi capaci di trasmettere impulsi più complessi che saranno utilizzati a breve per un nuovo impianto di mano robotica che riceverà comandi dal cervello e trasmetterà sensazioni al cervello stesso. E’ una nuova tappa di un cammino di cui già si vede il felice esito finale. (vedi foto: Dopo un primo periodo di addestramento, il paziente è riuscito a controllare, con impulsi del cervello, fino a tre differenti tipi di prese da parte della mano robotica).


Queste le notizie più recenti del Campus che possono confortare chi nutre poca fiducia che in Italia, e in particolare al Centro-Sud, si possano realizzare iniziative efficienti. Ma non si tratta solo di efficienza. Il Campus, che non è un’iniziativa ufficialmente cattolica, ha nelle sue radici lo spirito cristiano di servizio. Il suo cosiddetto pay-off è “La Scienza per l’uomo”. Man mano che i cristiani riprenderanno coscienza della grandezza della propria vocazione – e Tempi dimostra che siamo su questa strada - si moltiplicheranno gli esempi come questo che rendono una società più umana, più giusta  e più efficace.
Pippo Corigliano



mercoledì 4 luglio 2012

Mons. Alvaro del Portillo venerabile


La Congregazione delle Cause dei Santi ha proclamato venerabile Alvaro del Portillo, successore di San Josemaría Escrivá alla guida dell'Opus Dei.
San Josemaría era un’onda di simpatia e di fede: creava un clima di famiglia ma ti sentivi sempre piccolo davanti a  lui, che viveva proiettato in un mondo d'amore ardente. Don Alvaro era uno come noi ma esemplare. Sempre sereno sapeva coniugare l'affetto con l'efficienza nel servizio. Era un ingegnere ma non c'era nulla di freddo nel suo comportamento. La sua era un'efficienza fedele e serena. Quando San Josemaría ci riceveva, lui si metteva in fondo alla stanza. Se il Padre voleva ricordare qualcosa, diceva “'Alvaro!” e lui subito suggeriva la parola giusta. Ho tanti ricordi suoi. Uno in particolare è così piccolo da sembrare ridicolo. Un giorno c'era una confusione non abituale perché si attendeva un personaggio e c'era stato un improvviso cambio di programma; in una sala con un centinaio di persone indaffarate don Alvaro mi apparve all'improvviso, col suo sorriso, e mi disse calmo: “Ciao Pippo!”. La cosa mi stupì perché avrebbe avuto motivi per pensare ad altro piuttosto che salutarmi. Questo piccolo gesto mi aprì una finestra sul suo mondo spirituale dove avevano il primo posto i personaggi del Cielo ma anche quelli della terra. Non "cose da fare" ma persone care da guidare. San Josemaría è stato per me il Padre, Don Alvaro è il fratello buono, che mi dà la nota giusta per vivere con gioia la fraternità e il servizio.


Come i primi cristiani. Così usciremo dalla crisi



La crisi finanziaria ed economica è l'ultimo anello di una crisi più generale che nasce dalla cancellazione dell'idea di Dio. Può sembrare un'affermazione stravagante ma, per uscirne, occorre mettere Dio al centro della nostra vita personale e sociale. Si tranquillizzino coloro che tirano in ballo a sproposito i tribunali dell'inquisizione. Non si tratta d'imporre un credo, basta riconoscere che siamo creature davanti a un creatore.
Per chi crede in Gesù basta ricordare il comportamento dei primi cristiani. Erano disposti a mettere i loro beni a disposizione degli apostoli. Aquila e Priscilla, marito e moglie, incontrano un intellettuale ben disposto, Apollo, e lo formano così bene che diventerà un punto di riferimento nella Chiesa. Non lo mandano dal prete o dal teologo perché loro stessi erano in grado di formarlo. Pietro viene messo in carcere, la comunità prega e avviene il miracolo: le porte si aprono e Pietro è libero.
Cristiani di questa temperatura spirituale sono capaci di trasformare il mondo intero, come è avvenuto. Gli stessi avversatori della fede in occidente si muovono all'interno di coordinate culturali cristiane. La medicina per la crisi sono i cristiani che hanno fede, speranza e carità. Ora sono i laici stessi che chiedono a vescovi e pastori di essere più esigenti. L'efficacia dei movimenti sta nel dare la speranza, nel formare alla fede e nel vivere una reale carità con il prossimo. Il problema non è che i cristiani sono tiepidi,  è che gli si chiede poco.