venerdì 6 luglio 2012

Su Tempi un articolo sul Campus Bio-Medico



Caro Professore, quando mia moglie, meravigliosa, mi convinse a farmi visitare al suo Campus Bio-Medico, lei , visitandomi accuratamente, constatò quanto fossi scettico e affermò: “senta, io la voglio curare, se lei non vuole” – stringendomi la mano, quasi abbracciandomi – “faccia come crede, ma io la voglio curare”…”sono rimasto stupito, in particolare, dalla cordialità, l’educazione, l’affabilità e l’affetto con cui sono stato accolto”… La lettera continua con questo tono e conclude: “mi hanno trattato come se fossi un loro parente”.
La testimonianza di questo paziente è una fra le tante che arrivano al Policlinico del Campus Bio-Medico e corrisponde allo spirito delle indicazioni che il successore di San Josemaría Escrivá, monsignor Alvaro del Portillo, dette nel 1988 al professor Paolo Arullani in vista della nuova iniziativa di tipo medico in fase di progetto. Su quello storico appunto, scritto velocemente e che Arullani conserva, si legge: “Clinica con caratteristiche universitarie a Roma. Malati trattati come persone”. E poi: “Innanzitutto le infermiere, perché sono loro che seguono gli ammalati e dànno il tono”.


Paolo Arullani, attualmente presidente dell’Università, cominciò a darsi da fare, assieme a tante persone che sono le “fondamenta” viventi del Campus. Tante ore di lavoro sacrificato e silenzioso hanno contribuito a creare una struttura che si presenta bene, in modo direi gioioso, e che si avvia a celebrare i vent’anni di attività nel 2013. Vent’anni per un’istituzione sono pochi ma già sono pieni di storie. Una di queste riguarda Alberto Sordi che, dissolvendo il mito di tirchieria che lo circondava, donò 8 ettari di terreno per costruire il Centro Anziani adiacente al Campus. (Vedi foto: Alberto Sordi mentre pone la prima pietra del Centro Anziani nel 1998).


Ma cominciamo dai risultati. Dal ’93 ad oggi si sono laureati in corso il 90% degli studenti (una percentuale da record): laureati, occorre precisare, che hanno trovato immediatamente occupazione. Il rapporto studenti-docenti è di 12/1 e in più va aggiunto un servizio di tutorato per ogni studente. Per quanto riguarda l’assistenza medica l’indice di soddisfazione dei pazienti curati al policlinico è altissimo e, per effetto del passaparola, a Roma sono in tanti che vogliono essere curati al Campus che offre un servizio convenzionato. La ricerca scientifica spazia in diversi campi e un particolare vantaggio è dato dalla stretta vicinanza della facoltà di medicina con quella d’ingegneria biomedica, presente nel Campus. A questo proposito, si è appena concluso un convegno internazionale organizzato dall’Università Campus Bio-Medico sulla biorobotica. I maggiori esperti di questa materia di tutto il mondo si sono incontrati a Roma dal 25 al 27 giugno, per discutere i più recenti risultati e i programmi di ricerca che coinvolgono università e industria nei settori applicati della robotica in medicina e biologia. E’ il più importante appuntamento mondiale del settore, organizzato ogni due anni dalla maggiore associazione professionale per l’avanzamento in tecnologia. Sono intervenuti oltre 500 partecipanti, provenienti da 49 Paesi.  Nell'ambito della Conferenza si è tenuto anche il Simposio Internazionale di Chirurgia Robotica che è una specialità d’eccellenza del Campus Bio-Medico.
La chirurgia robotica non deve far pensare ad un robot che opera, il che sarebbe preoccupante. Si tratta di un complesso macchinario grazie al quale il chirurgo opera, attraverso uno schermo ingranditore, con tre braccia che consentono interventi di precisione mininvasivi. Ad esempio, operazioni che prima richiedevano il cuore aperto adesso si effettuano con un’invasività minima. Con lo stesso metodo s’interviene sia sulla prostata che in ginecologia e in altri settori. (vedi foto: Una visione d’insieme del robot chirurgico “Da Vinci”)


Fra le meraviglie robotiche presentate al convegno ci sono le capsule, dotate di sensori e telecamera, che sono guidate da campi magnetici all’interno dell’organismo umano, sostituendo così le fastidiose tecniche di endoscopia: è un esempio di “soft robotica” sviluppata nei laboratori dell'MIT di Boston. Il Campus ha presentato il proprio modello di “esoscheletro”: un macchinario ultraleggero che consente la deambulazione a soggetti anziani con impedimenti o addirittura paraplegici. L’idea dell’esoscheletro nasce per applicazioni militari negli anni ‘60 per sostenere i soldati impegnati in lunghe marce e portatori di materiali pesanti. Ben presto si è passati all’uso per la medicina. Il modello studiato al Campus si chiama Evryon: un progetto da quattro milioni di euro e tre anni di lavoro, che ha portato gli ingegneri del Campus, in collaborazione con altri sei atenei europei, distribuiti in Italia, Olanda, Svizzera, Ungheria e Slovenia, alla realizzazione di un nuovo prototipo. (vedi foto: I ricercatori del Campus Bio-Medico hanno puntato a rendere efficace, sicura e il più naturale possibile lʼinterazione della macchina con lʼuomo).


 Spiega Dino Accoto, Manager del progetto presso il Laboratorio di Robotica coordinato dal Prof. Eugenio Guglielmelli : “Un esoscheletro per persone con difficoltà di deambulazione, ma pur sempre in grado di muoversi deve assecondare il passo, anziché imporlo. Per usare una metafora, volevamo un sistema che imitasse un papà che spinge il figlio sullʼaltalena: non corre avanti e indietro aggrappato al seggiolino, ma si limita a dare piccole spinte, perfettamente coordinate con lʼoscillazione del bambino”. Tra i dettagli nascosti nella tecnologia, si distinguono speciali elementi elastici, collegati ai motori elettrici che muovono lʼesoscheletro. Queste “molle” apparentemente insignificanti sono indispensabili al robot per assecondare il movimento della persona in modo intelligente. “Gli anziani – spiega Accoto – compiono di solito passi corti e con frequenza maggiore del normale. È per questo che si stancano. Lʼesoscheletro li aiuta a compiere passi più lunghi e meno frequenti, riducendo così lʼaffaticamento dei muscoli”. Modelli di altri esoscheletri sono stati presentati da altri centri italiani  come il Niguarda di Milano e gli ospedali di Budrio e di Lecco.
Un altro progetto suggestivo che è in corso al Campus è la messa a punto di una mano robotica da impiantare in soggetti che hanno perso un braccio. Il progetto è ricco di spunti tecnici e scientifici inediti ed è approdato nel 2009 ad un traguardo significativo: il paziente, che si è prestato all’esperimento dell’innesto di speciali elettrodi ai nervi del braccio, è riuscito a muovere la mano bionica mediante impulsi dettati dal cervello. Nel congresso appena concluso sono stati presentati dei nuovi elettrodi capaci di trasmettere impulsi più complessi che saranno utilizzati a breve per un nuovo impianto di mano robotica che riceverà comandi dal cervello e trasmetterà sensazioni al cervello stesso. E’ una nuova tappa di un cammino di cui già si vede il felice esito finale. (vedi foto: Dopo un primo periodo di addestramento, il paziente è riuscito a controllare, con impulsi del cervello, fino a tre differenti tipi di prese da parte della mano robotica).


Queste le notizie più recenti del Campus che possono confortare chi nutre poca fiducia che in Italia, e in particolare al Centro-Sud, si possano realizzare iniziative efficienti. Ma non si tratta solo di efficienza. Il Campus, che non è un’iniziativa ufficialmente cattolica, ha nelle sue radici lo spirito cristiano di servizio. Il suo cosiddetto pay-off è “La Scienza per l’uomo”. Man mano che i cristiani riprenderanno coscienza della grandezza della propria vocazione – e Tempi dimostra che siamo su questa strada - si moltiplicheranno gli esempi come questo che rendono una società più umana, più giusta  e più efficace.
Pippo Corigliano



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