mercoledì 16 aprile 2014

Una scoperta sul Giovedì Santo

 
Il giovedì santo è stato sempre per me il giorno più intimo e commovente. Mentre la domenica di Pasqua è il giorno della gioia vera, profonda, smisurata, la cena del giovedì è un momento raccolto: Gesù parla con parole infiammate, spiega l’amore di Dio e il comandamento “nuovo” di amarci come Lui ci ha amato. Lui stesso si dà da mangiare e crea l’unione più intima che si possa immaginare. Finita la cena Gesù esce nella notte, va nel Getsemani, dove prega, suda sangue mentre gli apostoli si addormentano e non riescono a vegliare. Joseph Ratzinger afferma in un suo scritto (Il cammino Pasquale, ed. Ancora) che la Chiesa commemora questo itinerario di Gesù portando il Santissimo fuori dal tabernacolo in una cappella laterale rappresentando così il percorso di Gesù fuori della casa, nella solitudine e nell’angoscia. A noi, a me, tocca il compito di accompagnarlo. Sembrerà strano ma confesso che non mi ero reso conto pienamente del significato di questa liturgia. Quelli che da bambino sentivo chiamare “sepolcri” e che da grande mi avevano fatto contemplare l’Eucarestia,  ora li vedo con questa luce nuova. Sono l’occasione di rispondere a Gesù che mi dice: non sei stato capace “di vegliare un'ora sola con me?” Veglia e prega... (Mt 26,40). Questa scoperta mi accompagnerà il prossimo Giovedì Santo. Ringrazio Joseph Ratzinger che mi offre alimento solido per la fede. Per gratitudine, alla mia preghiera per Papa Francesco aggiungerò d’ora in poi: “e per il caro Papa emerito Benedetto”.  

Nessun commento:

Posta un commento