venerdì 24 ottobre 2014

Questi cattolici così seri...


Per chi pensa che l'impegno per vivere da cattolici sia una cosa barbosa, allego questa fotografia.
Costanza ha scritto una prefazione spropositata al libro che ho fra le mani (Cartoline dal Paradiso è il titolo. Quello a destra sono io anche se sembro Dario Fo), ma pur di vendere qualche copia la trascrivo integrale qui sotto...

 
Per tutta la vita ho sperato di conoscere Pollyanna, l’eroina della mia infanzia, la ragazzina che sogna di ricevere una bambola, l’aspetta, la agogna, e quando scarta il sospirato pacchetto e ci trova dentro delle stampelle inviatele per sbaglio, invece che disperarsi si mette a pensare che in fondo, alla fin fine, il lato positivo c’è, ed è che le stampelle non le servono, perché le sue gambe funzionano. Avere un’amica come Pollyanna è fondamentale nella vita, dovrebbe essere un diritto non negoziabile dell’umanità. Ogni essere umano dovrebbe vedersi garantita per statuto la vicinanza di qualcuno che lo aiuti sempre a vedere il bene che è intrecciato al resto, tra le pieghe della vita, con i suoi fili chiari e scuri annodati, a volte inestricabili. Qualcuno che non perda la calma, che si metta lì ad aiutarti a sciogliere il nodo, che veda la direzione della storia, che sappia ridarti coraggio, qualcuno che sappia fare tutto questo per te non perché non veda la realtà, ma perché vede in controluce la storia guidata da Dio. Io questo amico, un amico vero, l’ho trovato. Si chiama Pippo Corigliano. Pippo non è una persona come tutti gli altri, lui vive con i piedi per terra ma lo sguardo fisso verso il cielo. D’altra parte lui lo ha detto. Anche lui, come san Filippo, preferisce il paradiso.
Per esempio, voi, immagino che siate persone normali come me, no? Se avete quattro buste della spesa e due o tre bambini per mano (si sa che ai genitori spuntano degli arti aggiuntivi in caso di necessità), e vi squilla il cellulare, e il semaforo pedonale è insistentemente arancione tendente al rosso e comincia a piovere, e per quanto siate dotati di superpoteri non riuscite proprio ad aprire l’ombrello e anche ad agguantare il telefono che si è vigliaccamente acquattato in fondo alla borsa, ecco, in quel momento può anche succedere che vi sfugga una piccola imprecazione. Non dico una parolaccia, ma un mannaggia-al-mondo quello sì. Un moto di impazienza, un impercettibile sbuffo. A me sì, succede. Succede di arrabbiarmi se le cose vanno storte, se qualcuno mi fa una prepotenza, se subisco un’ingiustizia.
A Pippo no. Lui trova sempre qualcosa di cui gioire in tutto quello che succede, anche lui come Pollyanna se cade dice “che bello, tanto dovevo scendere”.
Sembra aver capito il segreto della perfetta letizia di San Francesco, che trovava la gioia nell’accogliere la realtà docilmente, vedendo in ogni occasione la possibilità di fare la volontà di Dio. Ma quando dico letizia, dico proprio letizia. Io con Pippo non riesco a stare senza ridere per più di tre o quattro minuti consecutivi. Inventa proverbi a caso, storpia i nomi, prorompe in manifestazioni di genuino entusiasmo per le cose più ordinarie, tipo una bottiglietta d’acqua fresca o una sedia pronte per lui, quelle cose a cui noi tendiamo ad abituarci.
So che si imbarazzerà di questo panegirico, e cercherà di modificarlo, ma dovrà passare sul mio cadavere. Perché persone come lui rendono il mondo un posto più allegro, e non c’è niente di male a spargere la voce. I Pippi esistono!
Se qualcuno sbaglia, lui trova il modo di addossarsene la colpa senza dare troppo nell’occhio. Se qualcuno è insopportabile sarà l’unico a scovare l’unico, minuscolo, quasi invisibile tratto piacevole di quella persona. L’aspetto salvabile, ciò che lo rende amabile (ma solo a lui). Se qualcuno non sa fare una cosa, lui si affannerà a dire quanto sia bravo però a fare quell’altra, in fin dei conti. Perché il suo principio è: se non ne puoi parlare bene, non ne parlare. E se proprio devi criticare qualcuno, ti risponderà “allora comportiamoci bene io e te, e ci saranno due in meno che si comportano male”.
Ecco, queste cartoline dal Paradiso sono una meravigliosa, ostinata, divertentissima prova del fatto che è sempre possibile trovare la gioia. Perché la gioia non è un’emozione, ma una decisione del fondo dell’anima. E il motivo è che se Dio, Dio in persona, l’Onnipotente, è tuo Padre, cosa altro può farti disperare nella vita?
Diceva santa Bernadette che la fede è vedere Dio ovunque, e infatti la Madonna durante una delle apparizioni le insegnò che fare il segno della croce significa proprio questo: prendere su di sé la realtà, tutta intera, farsene carico senza rifiutare niente. E proprio questo è il pallino di Pippo: scovare gente che vive la fede in modo normale, che è felice nella sua vita ordinaria, che parla di Dio dirigendo aziende, impastando torte, visitando malati, cantando canzoni o scrivendo romanzi o pulendo pavimenti.
Ci è capitato di lavorare insieme per la tv, abbiamo girato dei documentari. Io continuavo a proporgli di intervistare suore e preti, e lui, sembrava lui il più giovane e il più fresco dei due, deciso come è a parlare soprattutto delle vite normali delle persone ordinarie, che rivelano Dio non con l’abito, ma con il sorriso o il modo di giocare a tennis o di cuocere la pizza.
Be’, anche io preferisco il paradiso, se è abitato da persone così.




I tempi folli passeranno e resterà l'esempio luminoso

 
 Papa Francesco ha concluso con un discorso equilibrato e profondo la prima fase del Sinodo sulla famiglia. La Provvidenza ha voluto che il giorno dopo venisse beatificato Paolo VI, il Papa che ha portato a termine il Concilio Vaticano II e ha retto la tempestosa stagione del dopo Concilio. Chi ha vissuto quegli anni ricorda la pressione dei media sulla Chiesa perché si adeguasse alla cultura dominante. Il vento del ’68 soffiò anche all’interno delle mura ecclesiastiche e gli anni ’70 in Italia furono anni di pesante propaganda marxista all’insegna del “tutto è politico”; il terrorismo ebbe il suo momento culmine nella supplica di Paolo VI alle brigate rosse per salvare la vita dell’amico Moro. Sembrava di vivere un periodo di follia collettiva simile a quello che viviamo oggi con l’attacco dissennato alla famiglia. Poi il clima concitato passò e oggi vediamo i frutti maturi del Concilio: il più notevole è la nuova stagione di santità per i laici. In Italia in particolare c’è stato un fiorire d’iniziative che puntano ad una più profonda spiritualità del laicato cattolico. Lo Spirito Santo ha lavorato e Papa Francesco si adopera proponendo una profonda conversione ai semplici fedeli: coltivare il rapporto con Dio (Vangelo, Eucaristia, preghiera), servire gli altri, saper convivere, sperare contro ogni disperazione. Il Papa ci dà la fiducia che anche questi tempi folli passeranno e resterà l’esempio luminoso di chi avrà saputo percorrere i sentieri della terra da amico di Dio.

giovedì 16 ottobre 2014

Il fascino dell'amore vero

 
L’aggressione organizzata del 5 ottobre contro le sentinelle in piedi (organizzata, perché i centri sociali si muovono se ispirati da qualcuno) aiuta a riflettere. Quali sono le vere armi del cristiano? La prima è un intenso rapporto con Dio. Per i laici il modello sono i primi cristiani. Pietro è in carcere, e che si fa? Si prega, e Pietro viene liberato. Si prega non solo nelle occasioni disperate: gli Atti degli Apostoli ci raccontano la grande dimestichezza con lo Spirito Santo. Noi laici di oggi siamo stati educati ad evitare l’Inferno piuttosto che ad un rapporto continuo con Gesù. Questa è la vera falla, questo è il buco gigantesco che va colmato. Tutto ciò che io sono proviene da Dio, perché devo vivere senza rapporto continuo con Dio? Se la società impazzisce e insegue vanità la prima responsabilità è mia che non so trasmettere il fascino di Cristo. Passando al piano operativo occorre comunicare la bellezza dell’amore fecondo. Finiamola col romanticismo emotivo e mostriamo la solidità e il fascino dell’amore vero alla prova degli anni. Il giornalismo, la fiction e l’intrattenimento sono l’occasione per i cristiani di gridare dai tetti la verità di quest’amore. Autori come Miriano, Guareschi, Torelli hanno trattato il tema della famiglia con stile invogliante e brillante. Newman e Chesterton sono modelli di positività e umorismo. Le battaglie civili non bastano da sole. Il nostro modello non è la Rivoluzione Francese ma gli apostoli che portano la buona notizia del Vangelo.

domenica 12 ottobre 2014

Vescovi siate virili

 
 

“Santità siate virile” scriveva al Papa la giovane Caterina da Siena. Io non sono santo come Caterina ma sento il bisogno di gridare ai padri sinodali di non lasciarsi condizionare dalla pressione dei mezzi di comunicazione che vogliono ridurre il tema del Sinodo a quello della comunione ai divorziati risposati. “Siate virili” mi permetto di dire citando la Santa. Spiegate al mondo che la Chiesa è figura di Maria che ha generato un Figlio che è morto per amore. Amare fino a morire: questa è la lezione che i laici cristiani hanno bisogno di ricevere dai loro pastori. Si sa: nel matrimonio si possono creare situazioni limite insostenibili. Ma è anche vero che l’impressionante aumento dei cristiani che divorziano dipende dalla loro scarsa formazione all’amore. Non conoscono Gesù: non leggono il Vangelo, non Lo ricevono nell’Eucarestia, non hanno dimestichezza con Lui nella preghiera. Dove può andare la Chiesa con dei fedeli che sono infedeli all’amore, infedeli alla parola data? Cristiani tiepidi da vomitare, come dice la Scrittura (Ap. 3,16). Questo è il problema dei problemi. La formazione dei laici cristiani è carente. Non conoscono in pratica il primo comandamento che è quello dell’amore. Per cui facciamo tutti penitenza, preghiamo e impariamo dai primi cristiani che hanno saputo dare la loro vita per amore di Gesù. Come dice Costanza Miriano alle volte il matrimonio sarà come mordere un sasso, ma i santi martiri c’insegnano a mordere anche i sassi. Per amore, solo per amore.

domenica 5 ottobre 2014

I santi e l'Eucarestia

L’esperienza dei mistici può aiutare me e tanti altri che mistici non sono. Santa Caterina da Siena desiderava così fortemente  ricevere la santa comunione che un giorno l’ostia consacrata volò da lei che stava nel fondo della chiesa. Un’altra volta un episodio simile si colorò di aspetti pratici che si rivelarono buffi. Caterina desiderava ricevere la comunione e si recò nella vicina chiesa di San Domenico dove il frate Raimondo da Capua, suo confessore, avrebbe celebrato la Messa. Era però tardi e, siccome Caterina cadeva in estasi dopo aver ricevuto il Signore sacramentato, le proibirono di comunicarsi perché la chiesa doveva chiudere e non sapevano come fare con una in quello stato. (Anche San Giuseppe da Copertino andava in estasi quando andava nel coro e s’innalzava in volo, tanto che gli proibirono di scendere nel coro con gli altri. Quando si dice che i santi danno fastidio…). Caterina pazientemente accettò di non ricevere la comunione. Ma mentre fra’ Raimondo concludeva il rito si accorse che una parte dell’ostia consacrata, che aveva frazionato, non c’era più. Pensando che fosse caduta, la cercò in ogni modo e disse al sacrestano di non toccare nulla perché doveva recarsi momentaneamente dalla Santa e al ritorno l’avrebbe ancora cercata. Caterina gli parlò e alla fine del colloquio aggiunse, con un sorriso, di non angosciarsi per quella frazione di ostia che non trovava. Fra’ Raimondo capì. E anch’io ho capito meglio come mi devo accostare al più bel dono di Dio.