giovedì 31 dicembre 2015

Il mio Te Deum

Te Deum 2015

A ben guardare il motivo di ringraziamento che s’impone lungo il corso della mia vita è aver visto alla guida della Chiesa Papi di statura imponente. Da bambino mi colpiva la devozione indiscussa che avvertivo in grandi e piccoli verso Pio XII. Quando il Papa morì, nel 1958, avvertii che si era creato un vuoto, anche se all’epoca (avevo sedici anni) mi consideravo lontano dalla Chiesa. Giovanni XXIII fu una sorpresa travolgente. Gli anni del suo pontificato furono anni felici, pervasi di ottimismo. Perfino la guerra fredda si stemperò. Il Concilio da lui indetto, con la memorabile serata d’apertura e il discorso della luna, apriva una stagione di speranza. La sua morte pose fine a quell’incanto.
 Giovambattista Montini quando diventò papa aveva già dato un contributo sostanziale alla formazione dei laici cattolici. Alcuni di questi, giovani professori formati dalla Fuci e dall’Università Cattolica, guidarono il paese verso traguardi mai sognati: l’Italia era diventata la quarta potenza industriale del mondo mentre pochi anni prima era distrutta dalla guerra. Il merito di quel miracolo fu anche di quella classe dirigente  che Montini contribuì a formare. Quando diventò papa si trovò a gestire un concilio che subiva un attacco mediatico internazionale: era come se la mentalità mondana cercasse d’insinuarsi nella vita della Chiesa. Un quadro ben descritto da Benedetto XVI nel suo incontro d’addio al clero romano: da una parte il Concilio reale com’è davvero stato, dall’altra il concilio mediatico che riuscì ad influire negativamente sulle coscienze. La poderosa tormenta spirituale si abbatté sul Santo Padre che resistette ribadendo il Credo cristiano e sconcertando tutti con l’Humanae Vitae: l’enciclica che teneva fermi i punti fondamentali della morale matrimoniale cristiana. Paolo VI ebbe un pontificato sofferto che si concluse tristemente con la supplica che il pontefice vecchio e malato diresse agli “uomini delle Brigate Rosse” affinché non uccidessero il suo caro discepolo e amico Aldo Moro. Nell’agosto del ’78, dopo la morte del Papa, la Chiesa sembrava una cittadella assediata da grandi forze contrarie, mentre al suo interno si respirava un’aria d’incertezza. Dopo la parentesi dolce di Giovanni Paolo I apparve un personaggio inaspettato e sconosciuto ai più: Karol Wojtyla che fin dal suo storico discorso d’inaugurazione del pontificato, nell’ottobre del ’78, rovesciò la situazione. Il capo degli assediati invitava gli assedianti a non avere paura di spalancare le porte a Cristo. Un discorso sorprendente che apriva un’epoca ancor più sorprendente. Giovanni Paolo II lasciò nel 2005 una Chiesa dotata di un prestigio che era impensabile all’inizio del pontificato. L’assedio mediatico fu frantumato da quel campione di Cristo. I suoi funerali sono stati i più solenni della storia. La gente, con una resistenza inimmaginabile, attese ore e ore in fila pur di salutarne la salma. Un evento unico nella storia della Chiesa e nella mia vita. Dopo la morte del Papa, dalla mezzanotte del 2 aprile alle sei del mattino del giorno successivo, con Michele Zanzucchi e un giornalista del tg restammo in studio, in onda su RaiUno, con continui collegamenti con Piazza San Pietro. Un vero dono: vegliare la notte della sua morte assieme agli italiani sbigottiti incollati alla tv.  La Provvidenza aveva impresso una virata incredibile alla storia della Chiesa e Joseph Ratzinger, con la sua profonda cultura e dignità, raccolse il testimone di Giovanni Paolo II portandolo fino all’arrivo di Papa Francesco. Memorabili le encicliche di Benedetto, i suoi libri su Gesù e i discorsi davanti a platee qualificate.
 Con Jorge Bergoglio è arrivato il Papa che tutti desideravano, uno che sembra San Pietro trasportato al giorno d’oggi. Un Papa che parla il linguaggio del Vangelo, un Papa che fa ringiovanire la Chiesa sotto tutti gli aspetti, un Papa che trova sul suo cammino gli ostacoli che i santi hanno sempre trovato. A mio avviso l’anno appena trascorso, il 2015, assieme a tanti avvenimenti significativi, è l’anno del discorso di Papa Francesco al Congresso americano. Un discorso che è un capolavoro:  incoraggiante, positivo, volto a superare i problemi che attanagliano la società più avanzata. Un discorso interrotto da numerose standing ovation da parte dei rappresentanti di quel Paese, fondato da protestanti e leader nel mondo. Davanti ai potenti della terra il Papa ha portato il volto del povero e di chi soffre.
 Con l’iniziativa del Giubileo della Misericordia il Papa ci fa alzare in piedi, ci fa abbandonare l’atteggiamento di autosoddisfazione e ci rimette in discussione. Siamo tutti pellegrini, bambini di Dio, che si devono sostenere l’un l’altro. Il Papa è il primo ad essere misericordioso e a cercare la pecora perduta: sconcerta i dottori della legge ma non muta una virgola della verità di Gesù, che sa spiegare col linguaggio dell’uomo della strada.
Per questi doni  Dio ti ringrazio. Questo è il mio Te Deum.

Nessun commento:

Posta un commento